Comunicazione inclusiva: perchè ci teniamo?

Comunicazione inclusiva: perchè ci teniamo?

Di Giuzi Team

Comunicazione inclusiva: perchè ci teniamo?

Non è facile rispondere a questa domanda, non è mai facile rispondere a domande che toccano temi forti, potenzialmente divisivi, magari proprio quei temi che senti dentro di te così radicati e forti. Diceva Hegel: ciò che è noto non è conosciuto. Il senso è proprio questo, quando dai qualcosa per assodato non riesci a darne una spiegazione razionale. Semplicemente è ovvio!


Anche se pensiamo sia ovvio che serva una comunicazione inclusiva adesso mettiamo in fila i pensieri e proviamo a spiegarne il perché.


Teniamo molto alla comunicazione inclusiva perché crediamo che contribuisca a rendere il mondo un luogo più ospitale e più gentile. Pensiamo che esistano persone diverse e crediamo che ognuna di loro si meriti di essere rispettata e riconosciuta. Il rispetto passa attraverso le rappresentazioni, i toni e le parole. Concentriamoci sulle parole: se dico “Ecco, è arrivata quella!” è ben diverso da “Ecco, è arrivata Sara!”


Sara nel primo caso si sentirà forse fuori luogo e indesiderata, nel secondo caso accolta, riconosciuta, chiamata per nome.


Parlare agli altri con rispetto è, banalmente, un fatto di educazione. Ed essere educati - ce lo insegnano all’asilo! - è non escludere nessuno e invitare gli altri a giocare con noi. Per questo l’e-mail che da il benvenuto alla newsletter di Giuzi non apre con “Benvenuta! Adesso sei iscritta alla nostra newsletter!” ma con “Ehi, ciao! Che bello vederti!” e ancora “Siamo felici che tu sia qui”. 


La nostra community è perlopiù femminile, e allora perché non parlare esclusivamente al femminile? Perché potrebbe fruire dei nostri contenuti anche un ragazzo o una persona che sta cambiando sesso. Escludere questa possibilità significa ignorare che esistano persone con gusti e sentimenti differenti dai nostri. Significa, senza girarci troppo intorno, negare l’evidenza. Per quanto banale possa suonare questo discorso ad orecchie educate, non è scontato fare questa scelta lessicale e non è scontato promuoverla. 

L’inclusività e la parità di genere non sono - ancora - una sensibilità comune e condivisa, non lo sono certamente negli ambienti provinciali. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare e pian piano, ognuno facendo la sua parte, qualcosa cambierà.


Conforta sapere che non siamo i soli a pensarla così, anzi, impariamo e ci nutriamo di quello che persone più abili di noi hanno fatto, scritto e pensato. Per esempio, sai che Zanichelli pubblicato il suo decalogo per progettare e scrivere libri di testo inclusivi? Ecco, Zanichelli, non uno shop online di gioielli qualunque.


Per evitare distinzioni di genere, di religione, di etnia, di credo politico bisogna aggirare le parole e modificare il linguaggio. Servono competenze linguistiche e una formazione continua, da cui nessun pubblicitario, scrittore, marketer o visual designer dovrebbe esimersi per evitare scivoloni.



Ti lasciamo qui un lungo elenco puntato delle fonti che ci hanno ispirato ed istruito:



Promettiamo di aggiornare questa listina con tutte le nuove scoperte, e tu non scordare di segnalarci le tue!

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